Non è mai troppo tardi. Si spera!

A 95 anni una ex campionessa tedesca, Gretel Bergmann, ha accolto, con ben 73 anni di ritardo, la decisione della federazione di atletica della Germania di riconoscerle il record nazionale di salto in alto femminile, da lei stabilito a Berlino nel 1936. Merito anche di un film, appena uscito in Germania, che racconta la sua storia.
Era il 30 giugno del '36, quando, un mese prima dell'apertura dei Giochi Olimpici, la ventiduenne Bergmann superò l'asticella posta a un metro e 60 centimetri, infrangendo così il precedente primato tedesco.
Ma la giovane atleta, nata a Laupheim, era di religione ebraica. Fu così che, due settimane prima delle Olimpiadi di Berlino, si vide negare la partecipazione ai Giochi.
Le autorità sportive naziste, non solo avevano di fatto cancellato il nuovo primato, ma l'avevano anche bandita dalla competizione, dicendole in una lettera che la sua performance non era sufficiente per partecipare a una gara internazionale. Eppure, ha tenuto a sottolineare l'ex campionessa, se avesse partecipato a quelle Olimpiadi avrebbe vinto di sicuro: "All'epoca ero molto arrabbiata - ha ricordato -. Ormai non ci penso più e non mi aspettavo questo riconoscimento".

Vedete fino a che punto arriva  la stupidità umana! Pur di impedire che un'atleta ebrea potesse oscurare l'idea di razza pura, così come era concepita da Hitler e da tutti i suoi seguaci, si impedì a quella giovane donna di veder riconosciuto il suo talento, la sua bravura atletica.
Un'ulteriore curiosità: quelle Olimpiadi furono comunque una beffa per Hitler, che vide il trionfo di Jesse Owens, un atleta statunitense di colore.
Oggi Gretel ha 95 anni. Certo che il suo è un esempio di pazienza e costanza! Meno male che ha avuto ragione della lentezza con cui gli uomini, troppo spesso, per ragioni burocratiche o altro, riconoscono  i giusti meriti a chi di dovere!

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