Amare le catene

Leggendo il Mattutino di Gianfranco Ravasi pubblicato su Avvenire del 16 ottobre 2011:
"Tutto il mondo aspira alla libertà, e tuttavia ciascuna creatura è innamorata delle proprie catene. Tale è il primo paradosso e il velo inestricabile della nostra natura". Così scriveva il filosofo mistico indiano Sri Aurobindo (1872-1950).
Attorno alla parola «libertà», che è sulle labbra di tutti, in particolare di quelli che cercano di ferirla e piegarla, si consumano molti equivoci e contraddizioni.
La libertà autentica è impegnativa perché è sinonimo di rigore, di carità, di creazione. L’uomo preferisce seguire l’onda, non trovarsi solo con sé stesso e con le scelte da compiere, desidera essere quietamente condotto per mano dal suo istinto o dalla guida di un altro così da accomodarsi senza pensieri e domande. È questo «il velo inestricabile della nostra natura» nel quale ci avvolgiamo e ci sentiamo protetti dal rischio che la libertà comporta.
«Vincere l’intima servitù è più importante che vincere il mondo intero», si diceva nel Medio Evo.

Che ne dite?  è proprio vero che molte volte preferiamo seguire le strade più comode dell'istinto, piuttosto che riflettere e ragionare. Così facendo ci illudiamo di essere liberi, ma in realtà ci attorcigliamo ben bene nelle nostre catene. Ognuno ha le sue, ma in genere possiamo dare loro il nome di superficialità, ignoranza, egoismo, indifferenza, superbia, ecc...
La libertà autentica è impegnativa, meditiamo gente, meditiamo!!!

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